Vediamo insieme su quali punti focali deve concentrarsi il processo di trasformazione digitale del nostro Paese e perché una reale modernizzazione necessita della collaborazione delle istituzioni, delle imprese e dell’intero tessuto sociale.
L’obiettivo finale non è soltanto quello di rendere possibile una ripartenza post-Covid e garantire la competitività e il benessere economico, ma anche quello di garantire il benessere in termini più ampi, guardando al digitale come uno strumento per favorire l’inclusione sociale e ridurre le disuguaglianze, consentendo a tutti l’accesso e alle risorse e ai servizi disponibili in rete.
I capisaldi di questa evoluzione a livello nazionale sono sintetizzabili nelle 4 “C” della trasformazione digitale: Crescita, Connettività, Competenze e Cultura.
1) Crescita
La Commissione Europea ha sviluppato un indice chiamato DESI (Digital Economy and Society Index) che misura il grado di maturità digitale nei paesi dell’Unione. L’indice è composto dai risultati su cinque aree: connettività, capitale umano, uso di Internet, integrazione delle tecnologie digitali e digitale nella Pubblica Amministrazione. Come si colloca l’Italia rispetto agli stati dell’Unione Europea? Nel 2020, siamo 26-esimi su 29, dopo di noi solo Romania, Grecia e Bulgaria.
Appare evidente la necessità di politiche di lungo respiro che consentano l’introduzione, il potenziamento e l’evoluzione del digitale nella popolazione, nelle imprese e nella PA. Evoluzione, che deve essere al contempo tecnologica (pensiamo alle reti e al cloud) e culturale, nella doppia accezione di una leadership sempre più orientata al digitale e di un’utenza sempre più esperta ed esigente.
2) Connettività
Il tema della connettività, assolutamente centrale e indifferibile per quanto riguarda la diffusione della digitalizzazione, può essere analizzato da differenti prospettive.
Innanzitutto la prospettiva prettamente tecnologica. È necessario sviluppare delle infrastrutture di rete (banda ultralarga, 5G, tecnologie emergenti) per consentire una copertura completa e adeguata delle diverse aree del Paese, ricordando che i gap di accesso ad una rete adeguata rischiano di tradursi in nuove forme di disuguaglianza e di emarginazione.
Occorre procedere speditamente nell’attuazione del Piano Strategico per la banda ultralarga, varato nel 2015 e recentemente finanziato con 6,7 miliardi di euro all’interno del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato dal Governo il 29 aprile 2021. Lo scopo è quello di arrivare alla cosiddetta “Gigabit Society”, ossia consentire a tutti i cittadini di usufruire di servizi di connettività con una velocità che possa arrivare fino a 1 Gigabit/s.
Ma oltre alla prospettiva tecnologica, ne esiste una seconda legata ai servizi erogati e fruibili mediante la rete. In quest’ottica, le altre due aree che vanno incentivate sono la domanda di connettività, da un lato, e l’offerta di contenuti e servizi dall’altro. È dimostrato che c’è una forte correlazione tra i due aspetti.
Un sostegno alla domanda di connettività permetterà ai cittadini di utilizzare e conoscere i servizi e le potenzialità della rete, rendendo la tecnologia sempre più familiare e favorendo quella dimestichezza con il digitale necessaria ad usufruire a pieno delle nuove infrastrutture e dei nuovi servizi, contribuendo così al “salto digitale” e al rilancio dell’economia.
Al tempo stesso, occorre incentivare la produzione di contenuti e servizi, in particolare per quanto riguarda la pubblica amministrazione, puntando alla massima semplificazione, in modo da rimuovere ogni ostacolo che possa limitare la completa adozione dei servizi erogati in modalità digitale.
Sul fronte delle imprese, una connettività performante permetterà di ridurre la distanza verso i competitor di altri paesi, risultando abilitante per l’introduzione e l’utilizzo delle tecnologie che caratterizzano l’innovazione digitale più evoluta, come il cloud computing, lo sfruttamento degli analytics e dei big data, l’intelligenza artificiale, la Blockchain. L’utilizzo di tali tecnologie rappresenta una grande opportunità per lo sviluppo di processi e prodotti. È fondamentale per una pianificazione preventiva ed un corretto dimensionamento delle risorse, per la riduzione dei costi operativi, per l’incremento dell’efficienza.
3) Competenze
Un elevato grado di tecnologia è inutile se non vi sono le idonee risorse professionali in grado di gestire efficacemente il processo di digitalizzazione e il consolidamento digitale del settore, di sfruttare l’enorme mole di dati resi disponibili e di progettare strumenti ad alto valore aggiunto e facilmente fruibili dagli utilizzatori finali, siano essi aziende o privati cittadini.
Il percorso di formazione di figure con elevate competenze digitali, a copertura di tutti gli ambiti dell’innovazione tecnologica, è un punto essenziale per sfruttare adeguatamente le nuove infrastrutture e i nuovi strumenti. Si tratta di un percorso che richiede un grande impegno, sia in termini organizzativi che di risorse, e che deve essere portato avanti con politiche di sostegno allo sviluppo delle nuove competenze, sia a livello di istruzione pubblica, sia a livello di imprese.
3) Cultura
La sfida dell’innovazione non può che passare da un cambiamento culturale, dalla capacità di affrontare problemi nuovi con approcci nuovi. La trasformazione digitale è prima di tutto una trasformazione culturale.
Cultura nel senso di visione del futuro, quindi, ma anche nel senso dell’influsso del digitale nell’industria della cultura e nella promozione dei beni culturali: pensiamo ad esempio all’apporto che potrebbero offrire le tecnologie evolute, i social media e la comunicazione digitale al rilancio del patrimonio immateriale del nostro Paese, a fronte della crisi globale del turismo.
Oppure al settore del gaming che nel 2020 è cresciuto del 20% e che continua ad investire per far fronte ad una nuova domanda di contenuti di alta qualità, applicazioni in realtà virtuale o aumentata, applicazioni in mobilità: una vera rivoluzione che in parte ha già investito il mondo dei media e dell’entertainment, portando alla nascita di nuovi modelli di business basati su servizi on demand.
L’avvio di un grande progetto Cultura 4.0, fondato su connettività e competenze, può rappresentare un volano per la digitalizzazione del Paese e l’attuazione della transizione digitale. Non costituirebbe solo un fattore di crescita, ma anche un modo per rendere più accessibile l’immenso patrimonio culturale del nostro Paese, valorizzarlo e innovarlo, come già dimostrano tanti esempi virtuosi.
Insomma, molti passi nella giusta direzione sono stati fatti, ma il percorso verso un’adozione più estesa del digitale è ancora lungo e necessita dell’impegno di tutte le forze del nostro Paese.
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